Cenni storici di Tito Paolo Zecca c.p.
Il Caelius maior, il Celio maggiore, uno dei sette colli della leggenda romana, è quasi inaccessibile e profondamente suggestivo con le sue memorie plurisecolari. Scrive il Prandi: “Sono certamente questa inaccessibilità e questa pura bellezza la causa prima di quella particolare sensazione – quasi di solitudine e di pacata quiete -che caratterizza soprattutto il bel colle romano” (vedi Le chiese di Roma illustrate, 38; vedi anche i numerosi siti web dedicati al Caelius maius).
Per lunghi secoli la basilica e il complesso monastico che vi fu edificato a partire dal III-IV secolo, in epoche successive godette di grande fama e prosperità. Amministrato da un collegio di canonici il complesso ecclesiastico celimontano, però, nel secolo XV era in piena decadenza. Per questo fu affidato alle cure dei Gesuati (non gesuiti) del beato Giovanni Colombini (1440-1668).Nel marzo del 1555 qui fece gli esercizi spirituali l’abate Martinengo, guidato da un padre della Compagnia di Gesù, Luis Gonzalez de Càmara; lo imitò un suo cugino, Lorenzo Maggi. Sono i primi esercitanti che la storia ricordi dei Ss. Giovanni e Paolo. Per questo li citiamo in questa pagina.
Ai Gesuati subentrarono le monache Filippine (1665-1672) che vi accoglievano fanciulle che si preparavano a ricevere la Prima comunione; seguirono, per venticinque anni, i domenicani inglesi (1672-1697).
Troviamo qualche altra traccia di frequentazione della casa del Celio per gli esercizi spirituali solo a partire dall’arrivo dei Preti della Missione (1697-1773). Essa era particolarmente ricercata dalle persone che desideravano maggiore solitudine e ritiratezza, rispetto all’altra Casa della Missione dove si accoglievano gli esercitanti di Roma e forestieri, quella di Montecitorio presso la Curia innocenziana, certo non silenziosa e ritirata come l’ambiente celimontano.
Il convento dei Ss. Giovanni e Paolo, circondato fino a pochi decenni orsono da colture, vigneti e prati messi a pascolo, immerso nel silenzio della zona archeologica, era mèta preferita da ogni genere di persone per potervi trascorrere qualche giorno in perfetta solitudine e raccoglimento.
Dal 9 dicembre del 1773 il complesso monastico e la basilica celimontana sono stati affidati alla cura pastorale dei Passionisti. In questa casa vi risiedette san Paolo della Croce (* 1694 – + 1775), fondatore della congregazione della Passione. Egli vi stabilì la curia generalizia del nascente istituto e proseguì, con i suoi collaboratori, il ministero della missioni parrocchiali e gli esercizi spirituali, tipici del carisma missionario della nuova congregazione, sulla scia dei Preti della Missione che li avevano preceduti.
L’attività della casa di esercizi era molto ben curata e definita da regolamenti e direttòri redatti per i responsabili di questo importante servizio apostolico. Fu un impegno che i Passionisti svolsero con molto zelo e competenza fin dall’inizio della loro presenza al Celio. Dal 1773 ai nostri giorni troviamo registrati centinaia e centinaia di nomi di persone che attendevano alla pratica degli esercizi spirituali, largamente incoraggiata e promossa dai pontefici, dai vescovi per il clero e dai superiori di ordini e congregazioni religiose. Troviamo pure registrati moltissimi laici che, in forma privata, ossia a titolo personale o in forma organizzata, quale l’Azione Cattolica ed altre associazioni e confraternite, specialmente dalla fine dell’Ottocento, che frequentavano la casa di esercizi del Celio.
La casa di esercizi celimontana ha accompagnato le vicissitudini della Chiesa di Roma, sede del successore di Pietro, registrandone fedelmente, dal suo angolo di visuale, gli eventi lieti e tristi della Chiesa “madre e capo di tutte le chiese dell’Orbe”. Vediamo, così, nei corsi di esercizi spirituali che si tenevano in modo particolare nei tempi forti dell’anno liturgico, ossia l’avvento e la quaresima, prelati di alto rango (cardinali, vescovi e monsignori di curia, insieme al clero in cura d’anime) mescolati in fraterna e umile attenzione alla parola del missionario passionista con sellai, “mercanti di campagna”, facocchi, negozianti, padri di famiglia, giovani in ricerca vocazionale. Non mancavano anche ragazzi “scapestrati” e sacerdoti o religiosi che avevano bisogno di un periodo di riflessione sulla loro condotta non sempre lineare.
Troviamo tutto questo elencato sotto la dicitura di persone venute sponte (spontaneamente) oppure mandate spinte (per forza).
Tanta era la fiducia nella potenza della Parola di Dio amministrata con abbondanza nei giorni di ritiro nonché la suggestione dell’ambiente e del luogo (a prescindere dal dettato canonico pio-benedettino che prevedeva gli esercizi spirituali come rimedio medicinale). I superiori si preoccupavano di fornire ai Ss. Giovanni e Paolo persone veramente preparate per questo importante e delicato ministero. Basterebbe citare, tra gli altri, san Vincenzo Maria Strambi, il beato Lorenzo Salvi, il beato Domenico Bàrberi, per il Sette-Ottocento. E, più vicino a noi, dal Novecento ai nostri giorni, Fausto Gregori, Casimiro Galeotti, Martino Simonetti, Marco Aurelio Cipriani, Enrico Zoffoli, Amedeo Nerone, Costante Brovetto, Giammaria Leucci, Antonio Perrone, Fabiano Giorgini, ecc. Altrettanto competenti, preparati e disponibili dovevano essere i direttori e gli assistenti degli esercitanti. Vere guide spirituali, non semplici gestori di un esercizio logistico. Basti leggere quanto scrisse il beato papa Giovanni XXIII, ne Il giornale dell’anima (Roma 1964, pp. 161-69) in ricordo degli esercizi spirituali fatti al Celio in preparazione alla sua ordinazione sacerdotale, per afferrare il clima spirituale che si respirava (e non soltanto allora) nella casa di esercizi dei Ss. Giovanni e Paolo.
Con la profonda revisione del concetto stesso di esercizi spirituali e del metodo di darli, seguita al rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II, questa casa (che ha aderito fin dall’inizio alla FIES) ha rinnovato profondamente metodo e strutture, per continuare a fornire agli esercitanti, sacerdoti, religiosi e suore, nonché laici, un clima e sistema adatti ad un attento e proficuo ascolto della Parola di Dio. Tutto questo in vista di una più generosa dedizione al Signore ed alla sua Chiesa, secondo la vocazione e il carisma di ognuno.